15 Dic Il confine e lo spazio personale per star bene
Definire il proprio limite per prendersi cura di sé.
Penso spesso ultimamente al concetto di confine e scopro continuamente la sottile differenza che esiste tra il suo significato di chiusura e il senso di libertà che invece nasconde.
Il confine invisibile del vivere le relazioni, ad esempio, racchiude grandi significati.
Laddove non esistono confini le persone si sentono perse, non sanno fin dove spingersi, cosa potrebbe accadere, perché l’infinito e la mancanza di limite fa paura e causa caos interiore ed esteriore.
Non ho mai pensato che i confini mi avrebbero fatta sentire al sicuro fino a quando ho scoperto che non averne, mi impediva di vivere le relazioni con la giusta misura e il giusto valore da attribuire a me stessa, riconosciuto da chi mi stava intorno.
Ironico scoprire tali banalità a quarant’anni. Eppure non è poi così banale capire che, se non tracci i confini di ciò che vuoi, se non tracci i confini di quanto sei disposta a tollerare o non definisci con chiarezza nel tuo cuore, fino a dove, per te è bene accettare un pensiero, un comportamento, un giudizio…probabilmente ciò che è fuori ti invaderà ad un livello tale da consumare la persona e soprattutto la donna che sei.
La mente possiede una perversione che il cuore non conosce, nemmeno da lontano. La sua capacità di spiegare con alibi ben congeniati ciò che non vogliamo e ci consuma dentro, rasenta la perfezione.
Il confine è un limite positivo
Piuttosto vorrei parlare del confine come di un limite positivo, come definizione di uno spazio personale, che è il proprio, nella più sincera trasparenza con sé stesse.
Trovo che i confini diano chiarezza e libertà, mobilità e margine, serenità e sicurezza.
Sono linee mobili, che si modificano nel tempo attraverso le esperienze, che diventano più leggere in alcune circostanze e più marcate in altre, secondo i nostri bisogni e la nostra maturità interiore.
Utili a circoscrivere la nostra identità e ciò in cui crediamo, utili a impedire alle persone di violare, in qualsiasi modo, il nostro essere.
Stati depressivi, frustrazioni, infelicità, malessere, appesantimento… sono tutte situazioni derivanti da una mancanza di confini, da una violazione che non deriva solo dall’esterno, ma che siamo noi stesse a valicare e a permettere.
Forse il senso dello “star bene” sta proprio in questo, nel comprendere fino a dove sentiamo nella pancia il piacere e oltre il quale, invece, la paura, il dovere, la sofferenza. E con un sano e profondo egoismo, lo star bene è scegliere il primo.